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Dalla poltrona Sacco allo spazio fluido: l’imprevisto, parametro fondante della blobarchitettura, è il nuovo paradigma della casa

Celebrata negli sketch televisivi degli anni settanta dal Sig. Fracchia (P.Villaggio) la poltrona Sacco diviene oggi la  metafora ideale per rappresentare la dinamica dell’informale all’interno dello spazio della casa. E’ il blob, in cui il soggetto sprofondava maldestramente, ad essere lo strumento formale “estremo” scelto per l’osservazione di almeno due aspetti che hanno maturato (nel tempo) i nuovi fattori progettuali della contemporaneità: la relazione psico-fisica con l’oggetto (la poltrona) ed il suo dinamico utilizzo (la deformazione costante rispetto alle sollecitazioni fisico-emotive). (foto 1) 

E’ proprio attraverso il contributo cinematografico-televisivo (nuova frontiera della comunicazione di massa) che si favorisce la sdoganazione di questo termine anche attraverso applicazioni fra loro differenziate, che mantengono però un denominatore comune nella percezione formale dell’eventuale oggetto per mezzo di specifiche proprietà (adattabilità, mutevolezza, fluido) o criteri informali di comunicazione visiva calibrati su strutture narrative trasversali ed imprevedibili (operazioni di montaggio di pellicole differenti, ipertesti mediatici, visualtext etc.).

In generale potremmo dire che una forma bloboidale è definita da una superficie gelatinosa senza profondità, in cui il suo interno e il suo esterno sono continui. Nello spazio virtuale, “luogo” in cui G.Lynn calibra la modellazione architettonica delle sue case sperimentali, il termine blob connota un qualcosa che non è singolare né multiplo, ossia un’intelligenza che si comporta come se fosse allo stesso tempo singola e inserita in una rete, ma che nella sua forma può virtualmente essere moltiplicata e distribuita all’infinito. (foto 2)

Nascono così forme complesse, strutturalmente ambigue, concepite oggi anche attraverso l’ausilio delle tecnologie informatiche avanzate, rappresentative dell’istante temporale in cui il processo morfogenetico dell’oggetto, o dello spazio, viene congelato. Istantanee di una realtà che non è mai fissa.

B.Van Berkel esalta l’architettura bloboidale e le sue potenzialità. Penetri nei solidi, fluttui all’interno di distanze evanescenti, gli spazi ti si aprono di fronte, ogni mutazione è possibile, tutto è inquantificabile, privo di ordine, dimensione, tutto avviene come in un fluido.  Nella casa Studio a Het Gooi (meglio nota come Möbius House) questi concetti prendono forma attraverso uno dei manifesti più significativi della residenza contemporanea. Il progetto della casa è stato concepito come un ciclo di vita, lavoro e riposo di ventiquattro ore. Le funzioni dell’abitare vengono distribuite intorno ad un anello virtuale di 24 ore. La continuità degli spazi e la loro ambiguità funzionale costringe gli abitanti a reinterpretare ogni istante il modo di abitare. Lo stratagemma è l’adozione del nastro di Möbius come diagramma (altro nuovo termine fondante della contemporaneità) piuttosto che riferimento formale. Viene organizzato un sistema complesso di funzioni ed interrelazioni richieste dal committente, e sulla base di queste strategie (rapporto vitale fra spazio domestico ed ambiente naturale, autonomia delle attività senza ricorrere ai rigidi schemi della residenza tradizionale, concezione della casa secondo un ciclo sequenziale di movimenti ed attività fra loro anche sovrapponibili) viene definita una forma, in modo da non perdere comunque il rapporto celebrativo dell’opera, tale da rappresentare nello spazio proprio la particolarità del problema analizzato: la  möbius strip. (foto 3/4/5) 

Assistiamo, allora, alla percezione dello spazio curvo come nuova chiave interpretativa delle diverse esigenze (progettuali/espressive da parte dell’architetto e rappresentative/funzionali da parte della committenza). G.Lynn conferma le indagini condotte anche nella Columbia University in tal senso: non negherei mai che la blobarchitettura abbia forme ben distinte, prevalentemente dovute alla geometria. Il mezzo che uso per progettare e insegnare è curvo. Persino un cubo è fatto di curve, solo che sono curve dritte, tant’è che quando il cubo viene sottoposto a flessione queste curve si manifestano. Forse, in questo contesto, potremmo riappropriarci proprio della “visione delle cose” anche riscoprendo i valori della cultura antica, per comprendere probabilmente che la ciclicità degli eventi appartiene ad una dimensione olistica in cui tutto si trasforma ma nulla è, in assoluto, nuovo. Possiamo, infatti, supportare queste riflessioni attraverso il lavoro di E.Panofsky che, in Prospettiva come forma simbolica, descrive come l’antica teoria classica interagiva con i fenomeni fisici secondo le leggi dell’ottica dello spazio curvo. L’antica teoria fu assai più conforme che non la prospettiva del Rinascimento alla struttura effettiva dell’impressione visiva soggettiva attribuendo al campo visivo una configurazione sferica…nell’antichità classica c’era la consapevolezza delle curvature del nostro mondo visivo “sferoide” attraverso il principio fondamentale secondo cui le grandezze visive non sono determinate dalle distanze, bensì dagli angoli visivi. (foto 6)

Allora, in questo viaggio nel nuovo vocabolario della residenza, stiamo esplicitando gli elementi che, nella ricerca attuale, probabilmente abbiamo sedimentato in secoli di sperimentazione e verifica. Attraverso il blob si affrontano ed introducono le dinamiche connesse ai flussi (dalla casa ai sistemi della città fino alle reti informatiche) e si avviano i nuovi territori della sperimentazione nella visione dello spazio fluido. Il movimento e la transitorietà non sono più prerogative funzionali dello spazio contenuto dall’edificio ma sono diventate condizioni proprie dell’architettura stessa. T.Ito parla letteralmente di blurring architecture secondo un’architettura dai limiti elastici che possano reagire in risposta all’ambiente naturale (lavorando, per esempio, attraverso i suoi elementi come luce-acqua-vento etc.), trasformando il programma in uno spazio attraverso un carattere, appunto, di tipo fluttuante in modo da consentire mutamenti temporali. Ciò comporta che la costruzione di uno spazio deve consentire mutamenti di programma…nella fluttuante società di oggi è assolutamente fondamentale rimuovere i limiti basati su funzioni semplificanti e stabilire una relazione di sovrapposizione degli spazi.

(foto 7)

E’ quindi lo spazio liquido (un mondo di forme e superfici sinuose e compenetrate) il nuovo contesto di definizione della casa del futuro ? Quando gli Smithson, nel 1955, preconizzavano the house of the future in cui la modellazione dello spazio era affidata ad una resina plastica, una sorta di dermascheletro costituito da parti diverse con giunti flessibili per consentire movimenti termici e discontinuità strutturale, stavano ponendo le basi delle attuali sperimentazioni ? (foto 8/9)

Estremizzando le riflessioni progettuali attraverso una “interferenza” sui vari campi di indagine J.M.Johansen riconosce nel blob tutti i valori di una dimensione fisico-culturale in costante trasformazione. La sua visione olistica, che sposta l’interesse dagli oggetti all’interesse per le relazioni, ha condotto verso l’ideazione della capsula metamorfica come dimensione limite che introduce anche al mondo del cyberspace Viene proposta una costruzione (una possibile casa) in cui forma e spazio possono essere manipolati e modificati tramite onde elettromagnetiche, trasmesse attraverso una griglia spaziale che contiene una membrana-involucro pressurizzata internamente dall’aria. L’abitante, connesso al sistema attraverso dei sensori, viene invitato ad interagire con lo spazio a suo piacimento. Le condizioni psichiche vengono  utilizzate per innescare effetti di modificazione di forma, spazio, luce e suoni. La struttura, così delineata, diventa costantemente flessibile a tutte le configurazioni psico-fisiche a cui viene sollecitata e costituisce una sorta di simbiosi con il suo utente-ospite.

(foto 10/11)

Nel nostro viaggio, siamo entrati all’interno del…Sacco

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